mercoledì 14 febbraio 2024

Caffè: veicolo di amicizia e socialità ieri e oggi

Dalle terre d'origine alle regioni d'arrivo più lontane, dalle pregiate culture tropicali ai grani in sacchetto presenti nelle case di ogni famiglia, il caffè con tutta la sua fragranza si è insinuato nella nostra quotidianità.
Nell'arco di lavoro della nostra giornata, una tazzina di caffè può rappresentare il miglior attimo di relax necessario al nostro sistema di vita, un piccolo-grande piacere per allontanare il grigiore di una serie di atti e comportamenti ripetitivi. Per questo si identifica alla bevanda più popolare ed universale per eccellenza ed il suo consumo supera il miliardo di tazze al giorno. Caffè una parola comune e quotidiana quanto magica. Espressioni come "Preparami un caffè", "È pronto il caffè?", "Vieni a prendere un caffè", "Andiamo al caffè", ripetute o sentite giornalmente in casa o nella società assieme ad altre simili, dimostrano quale articolato viaggio abbia fatto per divenire quello che è oggi: un prodotto straordinario con un ruolo di primaria importanza economico-sociale in numerosi paesi.
Questa bevanda sana, capace di dare una piacevole sferzata di energia e di gioia, apporta un miglioramento alla qualità della vita personale e di gruppo, favorisce e sostiene momenti d'incontro e di conversazione, è un tratto di unione, un veicolo di gentilezza, ospitalità, accoglienza, amicizia e socialità. Nella sua celebre composizione sul caffé l'Abbé Delille, così celebra il nero elisir:
Sei tu, divin caffè, il cui dolce liquore senz'alterar la mente, sa far sbocciare il cuore.

E poiché il cuore sa dare impulso ai migliori sentimenti, un merito lo deve anche al caffè, capace di stimolarlo...

Presso gli antichi
Molti dubbi lasciano le prime testimonianze storiche sulla conoscenza del caffè presso alcuni popoli antichi. Nel Primo Libro dei Re della Bibbia, alcuni hanno identificato come caffè "i grani abbrustoliti" portati a Davide come dono di riconciliazione da Abigaele; altri attestano che fra i favolosi omaggi offerti dalla Regina di Saba a Salomone vi fosse anche il caffè. Persino Omero è stato scomodato, avendo riconosciuto in uno dei suoi canti dell'Iliade, dove si parla del "Nepente" giunto dall'Egitto, il miracoloso succo (caffè) "contro i dispiaceri, i rancori e la memoria di ogni dolore", che Elena aggiunse al vino per asciugare le lacrime degli ospiti alla mensa di Menelao. Alcuni secoli dopo anche nel "Bunch" o "Ban" bevanda ricostituente e curativa usata intorno al 1000 da due medici arabi, Rhazèz e il più noto Avicenna, hanno riconosciuto la bevanda del caffè.
Sono tutte ipotesi molto labili che non consentono di raggiungere nessuna certezza circa la presenza dell'orientale succo presso gli antichi.

Le più belle leggende

Per quanto riguarda l'origine del caffè, come del resto per tutte le altre piante e semi che hanno un passato lontano da non poter rintracciare una documentazione attendibile, si può solo dire che è legata a delle suggestive e colorite leggende, di cui qualcuna potrebbe nascondere un pizzico di verità.
In un monastero dello Yemen, un dono mandato dal cielo dovette essere considerata la bevanda dal gruppo di monaci asceti che lo abitavano, intenti alla preghiera e alla meditazione per gran parte del giorno e della notte. All'abate di questo convento, il vegliardo Yahia, si rivolse per consulto il pastore Kaddi, che un giorno con sorpresa e sbigottimento aveva osservato una strana sovraeccitazione nelle sue capre, dopo che queste avevano brucato le foglie e le bacche rosse di un arbusto sconosciuto. Recatisi sul luogo, l'abate ed i suoi monaci osservarono attentamente quegli arbusti spontanei che prima di allora non avevano mai notato, ne raccolsero le bacche e le foglie, con cui per curiosità prepararono una infusione che bevvero uno dopo l'altro. Con loro meraviglia furono pervasi da un tale rinvigorimento da non provare la consueta stanchezza e sonnolenza di sempre e da quel giorno l'adottarono come bevanda per poter prolungare le loro preghiere fino a notte inoltrata, senza essere più posseduti dal sonno. L'efficacia del caffè fu così scoperta e da allora i monaci, poco a poco, ne diffusero la notizia e l'uso anche ad altri conventi, dove ben presto il berlo divenne abitudine fissa della giornata. Dai conventi si introdusse in tutto il paese e nelle altre regioni dell'Oriente.
Qualche tempo dopo un monaco, desideroso di conservare per provvista delle manciate da utilizzare nei giorni di pioggia, ne dispose dei rami carichi di bacche vicino al fuoco per farle seccare. Incautamente si distrasse e alcuni minuti dopo sentì l'odore penetrante della avanzata abbrustolitura, diffusasi anche fuori della sua cella.
Un suo confratello tirò fuori dal fuoco alcune bacche, le frantumò su una pietra, quindi provò l'operazione dell'infusione con la polvere ottenuta. Assaporata la nera bevanda assieme agli altri monaci, constatarono come essa fosse aromatica e più gustosa di prima e come sprigionasse le stesse segrete forze racchiuse in quei semi.
Una leggenda persiana molto diffusa nei paesi arabi sostiene addirittura l'origine divina del caffè. Maometto, infatti, colpito dalla malattia del sonno e quasi sul punto di morire, fu salvato da Allah che tramite l'Arcangelo Gabriele gli inviò una pozione calda e nera chiamata "Kaweh", cioè l'eccitante, lo stimolante. Dopo averla bevuta il Profeta fu posseduto da tale forza e coraggio, da disarcionare quaranta cavalieri armati e rendere felici quaranta dame nello stesso giorno...
Dello sceicco Ali Ben Omar si narra che rimase solo durante un viaggio verso Moka, città nella quale stava per accompagnare il suo maestro Schadeli, morto durante l'itinerario. Su incoraggiamento dell'Angelo apparsogli, raggiunse ugualmente la città colpita dalla peste e lì con le sue preghiere ad Allah ottenne la guarigione di molti malati, tra cui la bella figlia del Califfo, della quale si innamorò. Ma il Califfo non lo considerava degno della figlia e con l'inganno favorì l'allontanamento del pretendente, costringendolo a vivere in solitudine in una grotta nei pressi della montagna, dove per appagare la fame invocò l'aiuto del suo venerabile maestro. Questi gli inviò in aiuto un bellissimo uccello dal canto suadente e dalle piume variopinte. Colpito dal canto Omar si avvicinò all'uccello che sparì e al suo posto trovò un alberello rivestito di fiori fragranti e bacche vermiglie, simili alle ciliegie. Ne raccolse alcune, le portò nella grotta, ne ottenne un decotto misterioso e salutare da cui si sentì rinvigorito e che pensò di offrire ai pellegrini che giungevano presso il suo rifugio. Ritornati in città questi esaltarono le qualità della bevanda in presenza di altre persone e persino dello stesso Califfo, il quale non solo perdonò Omar, ma gli riservò un'accoglienza trionfale in città.
Un'altra bella e popolare leggenda è ambientata in Abissinia, dove un anziano e pio pellegrino tale Mata Maryan che significa schiavo di Maria, appoggiato sul suo bastone e dopo molte ore di meditazione e digiuno, si sentì mancare mentre il suo bastone rimase conficcato per terra. Colpito da una luce misteriosa e splendente si riprese pervaso da una sensazione di benessere. Aprì gli occhi e sorpreso si accorse che il suo bastone era miracolosamente fiorito e ricoperto di foglie e frutti rossi, dando vita alla prima pianta di caffè, nata nel villaggio di Zaghiè, dove ancora oggi nella chiesa di San Giorgio si conserva un tessuto ricamato in cui è raffigurato il miracolo del bastone di Mata Maryan.
Queste non sono che alcune leggende sul caffè, diffuse nel mondo con sfumature e coloriture più o meno ricche di fantasia, ma tutte univocamente concordanti nell'attribuire virtù e proprietà prodigiose a questo magico prodotto, dono della natura agli uomini.

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