mercoledì 14 febbraio 2024

Profumo e sapore di caffè nel mondo ieri e oggi

Paese d'origine del caffè è la regione di Caffa in Abissinia. Da qui, come vedremo più estesamente in seguito, a causa delle conquiste espansionistiche esso prese le vie dell'Arabia, della Turchia, degli altri paesi islamici ed orientali, per approdare poi tramite le compagnie commerciali in Europa e qualche secolo dopo oltre oceano in terra d'America.
L'arco di tempo e di spazio, che ha accompagnato il lungo cammino percorso del chicco per affermarsi nel mondo, testimonia l'evoluzione storica dei modi e costumi, spesso inconsueti, di consumare o bere il caffè e le virtù ad esso attribuite, specialmente nei primi tempi di diffusione. Prima che lo sorbissero in forma liquida, come decotto, gli Abissini usavano raccogliere le bacche verdi e, fattele seccare, le abbrustolivano, le polverizzavano per impastarle con burro e sale. I pani ottenuti li consumavano durante i loro viaggi, perché — così ritenevano — possedevano la prerogativa di far passare la fame e la sete.
Una simile usanza si riscontra presso alcuni guerrieri arabi, i quali pensavano che i pani ottenuti dai chicchi verdi pestati ed amalgamati a grasso animale stimolassero ed infondessero coraggio ed aggressività durante le battaglie contro i loro nemici.
Sulla scia di queste antiche tradizioni, ancora oggi alcune tribù indigene africane delle regioni dei grandi laghi, dopo aver raccolto e frantumato le rubiconde bacche, le amalgamano col grasso, per consumarle dopo averle fatte cuocere a mo' di pane.

Un'altra forma di consumo del caffè si riscontra presso alcune popolazioni islamiche e presso altri popoli, tra cui alcuni abitanti di Sumatra, dove era ed è consuetudine preparare un decotto utilizzando le foglie della pianta, contenenti anch'esse una discreta quantità di caffeina.
Una descrizione diversa sulla preparazione della bevanda si trova nel cosiddetto "caffè alla sultana", ottenuto mediante la decozione della corteccia esterna e della polpa ben secca delle bacche, da cui si ricava una calda bevanda dal colore della birra. Analoga decozione leggera si otteneva col seme non tostato.

Molto più tardi, quando i semi non furono più utilizzati come alimento, il caffè fu preparato come bevanda scura, ottenuta previa tostatura del caffè verde. Da quel momento cominciò il lungo cammino e la fortuna del caffè nel mondo, accompagnato dalla forgiatura di attrezzi dalle forme, motivi e colori diversi (tostini, cuccume, tazze e tazzine), qualità tendenti a perfezionare ed abbellire gli oggetti legati al culto del caffè. Sono ancora gli Arabi ad assumere la nera pozione in sostituzione del vino, proibito dal Corano. Essa — dicevano — riscaldava lievemente le membra e la testa attivando il cervello, ma in precedenza alcuni medici arabi la prescrivevano come farmaco nella cura dei loro pazienti.
Ben presto così il caffè divenne il nuovo "vino dell'Islam". Lo si vendeva, come dimostrano alcune relazioni di viaggiatori e molte incisioni dell'epoca, per le vie delle città per iniziativa di ambulanti, forniti di apposito contenitore di tazzine penzolante da una mano ed un bombato, alto bricco, contenente la bevanda, abbracciato nell'altra.
Lo si assaporava anche nelle popolari botteghe, sempre più numerose, aperte alla Mecca, a Medina ed altre città, dove gli uomini, seduti ed avvolti tra le lunghe e colorate vesti tipiche del costume arabo, degustavano un caffè amaro e denso (solo più tardi verrà introdotto l'uso di dolcificarlo), mentre ascoltavano qualche nenia popolare o partecipavano ai divertimenti comuni o ai giochi d'azzardo.
Con l'arrivo del caffè in Turchia si affermò un nuovo modo di preparare la bevanda, ancora oggi in auge non solo in questo paese, ma in quasi tutto il medio oriente ed in molti paesi balcanici. "Caffè alla turca" si identifica con la formula rituale di far bollire nell'acqua a fiamma lenta la polvere finissima (per ottenerla occorre l'apposito macinino) in uno speciale pentolino di rame, il bricco (Ibrik), dal fondo largo e dal collo ristretto, a tronco di cono, con un lungo manico. Quando sul bollire si forma una schiuma densa e cremosa (Kaimàk) sull'alto, si ritira il bricco dal fuoco, quindi, dopo qualche attimo, lo si rimette sulla fiamma e lo si riporta ad ebollizione. Si ripete questa operazione per due o tre volte, quindi si toglie il tutto dal fuoco e lo si lascia riposare per cinque minuti. La forma dell'Ibrik consente ai fondi di depositarsi agevolmente grazie al fondo largo del recipiente ed all'aroma di dissolversi lentamente grazie alla stretta imboccatura. Il caffè va bevuto prima che tutto il macinato si sia depositato sul fondo; la bevanda profumata, densissima e non filtrata, per questo è detta sabbiosa e torbida, si beve in tazze di solito senza manico. Così lo sorbivano i guerrieri musulmani per darsi coraggio, perché secondo il loro credo "chi moriva con Kawka (caffè) in corpo non finiva nel fuoco dell'inferno". Tale uso si diffuse così rapidamente che, leggiamo nel racconto dei viaggiatori, già nel Seicento "non c'era casa alcuna, per ricca o povera che fosse, in cui quella meravigliosa bevanda non si bevesse almeno due volte al giorno, o più". E sempre in Turchia in qualsiasi orario, di giorno o di notte, si assaporava la tonificante bevanda nei primi locali pubblici, all'inizio riservati alle persone distinte, perciò denominati "scuole delle persone colte o scuole della sapienza" ed il caffè naturalmente era considerato "il latte dei giocatori di scacchi e dei pensatori". Successivamente, quando la bevanda raggiunse tutti gli strati della società e non solo di quella dell'area islamica, il sistema del caffè bollito, detto appunto "alla turca" o "all'orientale", si raffinò nel senso che la bevanda veniva colata e servita in tazza. È il caso del caffè "alla viennese", preparato col metodo precedente, poi servito in tazza accompagnato dal cornetto a forma di mezzaluna (kipfel in Austria dove ebbe origine) o dal dolce rotondo ripieno di marmellata (krapfen, ancora di origine austriaca, dal nome della fornaia Veronica Krapfen che lo preparò), che divennero i compagni di fortuna della gustosa bevanda.
Sempre orientale, ma introdotto anche in Europa dove il caffè aveva ricevuto accoglienza veramente eccezionale sia nelle abitazioni popolari che nelle botteghe pubbliche e nei locali divenuti poi i noti "caffè storici", è la variante di preparare la bevanda come un decotto, facendo scaldare per qualche minuto una pozione di polvere sul fondo del bricco per versarvi poi sopra l'acqua bollente.
Il caffè "alla veneziana" è un'altra leggera variante, sempre nell'ambito del procedimento per ebollizione, di approntare la bevanda. Nei secoli scorsi infatti nella città lagunare era costume ottenerla, facendo depositare la polvere di caffè sul fondo della cuccuma, versandola lentamente mentre l'acqua era in ebollizione.
Il procedimento per bollitura, praticato in Italia anche dalle nostre nonne fino alla prima metà del Novecento, è dunque il più antico ed ancora oggi circa la metà dei consumatori di caffè nel mondo lo beve in questo modo.
Il procedimento diverso, l'acqua che "filtra" la polvere di caffè, consiste nel far passare per caduta in apposite caffettiere l'acqua molto calda attraverso la miscela di caffè in polvere collocata su un filtro di carta, di tela, di ceramica o di metallo. Questo sistema, diffuso soprattutto negli Stati Uniti, Germania, Francia ed altri paesi nordici si ottiene con le caffettiere "a filtro" o "a goccia a goccia", le quali permettono di trattenere gli oli della caffeina, producendo una bevanda meno densa per sapore e colore e più digeribile, che va servita zuccherata. Tale caffè più lavato è popolarmente detto anche "a fiorellini", proprio perché attraverso la bevanda chiara si intravvedono le decorazioni della tazza che lo contiene, di dimensioni più grandi rispetto alle normali tazzine del caffè concentrato e scuro.
A questo sistema, oggi ottenuto con caffettiere automatiche, appartengono alcuni modi nazionali di approntare il caffè. In Brasile e nell'America del Sud il caffè per eccellenza è il "cafezinho": grazie al filtro particolare (Coador = colatore) la bevanda risulta molto leggera e limpida, tanto che si beve in qualsiasi ora anche per accompagnare i pasti ed è offerto in ogni occasione in segno di ospitalità ed amicizia e dunque va in ogni caso accettato.
Anche la "Melitta", diffusa in Svizzera ed altri paesi del Nord, come pure la caffettiera a "Perculateur" sfruttano il metodo del filtro, mentre in Italia chi non conosce il ruolo e l'importanza della caffettiera "Napoletana", detta anche "monachina" con cui negli anni Trenta si preparavano migliaia di caffè e che ancora oggi è sfruttata da numerosi patiti?
In America ed Europa del Nord molto in vigore è l'apparecchio che produce un infuso per aspirazione. L'apparecchio, formato da due bocche di vetro comunicanti per mezzo di un tubo, si pone su un fornello per scaldare l'acqua. La differenza di pressione crea il vuoto nel recipiente di raccolta, dove affluirà così il caffè. Anche questa bevanda è leggera, gradevole, accompagna e conclude i pasti nei suddetti paesi.
Il nostro secolo, secolo della tecnologia, ha favorito una rivoluzione pacifica sul modo di preparare e bere il caffè. L'invenzione della macchina a pressione (a fuoco od elettrica) permette all'acqua in bollore di salire attraverso un condotto, attraversare la polvere collocata nel filtro e versare la bevanda nel contenitore superiore. La più nota di queste caffettiere è la "Moka", presente ormai in ogni casa.
Più avanzate e moderne sono le macchine "espresso" d'invenzione italiana a partire dal primo Novecento, usate nei bar ed ora in dimensione più contenuta anche in famiglia. Esse danno un caffè concentrato, cremoso e denso: "l'espresso italiano" il cui gusto ha già conquistato il palato nazionale e continua a raccogliere consensi sempre più vasti anche all'estero.

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