mercoledì 14 febbraio 2024

Storia del caffè parte 5: gli olandesi primi padroni del mercato caffeicolo

In Arabia il monopolio dei grandi e la coltivazione delle piante di caffè erano gelosamente custoditi per proteggere il commercio esclusivo, molto redditizio, da ogni eventuale concorrenza ed infatti il prodotto consumato nel continente europeo proveniva tutto da quella regione ed era caricato nei porti di Smirne ed Alessandria d'Egitto. Alcuni storici affermano addirittura che gli Arabi prima di spedire all'estero i chicchi, fonte della loro ricchezza, provvedevano a farli bollire onde evitare un possibile impiego nell'avviamento di piantagioni fuori dai loro territori da parte di altri popoli.
D'altra parte le grandi compagnie europee importatrici del prezioso prodotto mal sopportavano le ingenti tassazioni e sentivano la necessità di sviluppare il commercio in condizioni più agevoli, vantaggiose ed autonome. A favorire l'esigenza della liberalizzazione del prodotto, spezzandone il rigido protezionismo, nel corso del XVII secolo contribuirono alcuni fattori decisivi che diedero una svolta alla storia del caffè: l'associazionismo dei mercati, la conoscenza delle caratteristiche botaniche della pianta e il tentativo riuscito di catturare alcuni esemplari della pianta per avviare delle coltivazioni in altre aree.
Due furono gli avvenimenti che permisero di realizzare l'aspirazione dei mercanti. Il primo avvenne ad opera di un pellegrino indù, Baba Budan, che in occasione di una visita nella città santa della Mecca, riuscì a nascondere nei suoi abiti ed esportare sette grani di caffè con cui introdurre una pionieristica coltivazione nel Mysore, nel Malabar ed in India. Il secondo più decisivo ebbe per protagonisti gli Olandesi, i quali, guidati da Nikolaus Witten, nel 1690 riuscirono ad impadronirsi di una pianta, organizzando una furtiva operazione, mediante lo sbarco nei pressi della città di Moka.
Che poi la preziosa pianta sia stata prima impiantata e fatta acclimatare nei possedimenti delle Indie Olandesi e successivamente nelle serre dell'Orto botanico di Amsterdam o viceversa, come differentemente sostengono gli storici, il risultato finale fu che gli Olandesi, favoriti e protetti dalla loro potente Compagnia delle Indie Orientali, poterono sviluppare un esteso numero di piantagioni e razionalizzarle, per potenziare i loro affari. L'olandese Van Horn e gli infaticabili navigatori del suo paese portarono l'arbusto, poi riprodotto, in parecchi loro possedimenti d'oltremare, a Batavia e nell'isola di Giava nel 1690, quindi nelle Indie Orientali, a Ceylon e Surinam nel 1692 e nella Guiana olandese. I risultati del trapianto, inizialmente difficoltosi, si dimostrarono poi eccellenti e nella prima metà del XVIII secolo la produzione di caffè superò quello dell'Arabia, tanto da poter gestire e rifornire autonomamente il mercato europeo, oltre che condizionare quello degli altri produttori. Amsterdam vide apparire nelle proprie aste cittadine i primi carichi di caffè nel 1712 ed inoltre tra il 1714 ed il 1720 la pianta via via raggiunse le altre colonie olandesi.
In Europa, dove il clima non consente condizioni favorevoli alla coltivazione del caffè, la pianta destò ugualmente un interesse rilevante. Alcune pianticelle infatti, curate e sorvegliate, furono portate nel 1706 da Giava al giardino botanico di Amsterdam per iniziativa del governatore Van Hoom. Queste si riprodussero ed alcuni esemplari vennero dagli Olandesi offerti ai giardini botanici europei, tra cui il Jardin du Roi (oggi des Plantes) di Parigi, il Kew Garden di Londra e quello di Lipsia. Anche nei giardini di Pisa e Padova si fecero vegetare delle piantine, che giunsero a fiorire e fruttificare. A Pisa, Lorenzo Tells, verso la fine del Settecento, si prodigò nella cura di una piantina, da cui ne ricavò una ventina, che produssero frutti perfettamente maturi. In un libro pubblicato nel primo Ottocento si legge che nella seconda metà del 1700 "vari giardini della bassa Italia ne vanno adorni d'alcuna o più piante, sebbene il caffè ivi sia stimato come il fico dell'orto, pure non vi compare che come oggetto di lusso".

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